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LDE ITAL1651


Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci
1651
Giacomo Langlois, Paris


Chapter

LDE T0152   CID71  Del figurar le grandezze delle cose dipinte. CAPITOLO LXXI

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I303

Nella figuratione delle grandezze che hanno naturalmente le cose anteposte all' occhio, si debbono figurare tanto finite le prime figure, essendo picciole come l'opere de' miniatori, come le grandi de' pittori: mà le picciole de' miniatori debbono, esser vedute d'appresso e quelle del pittore da lontano; cosi facendo esse figure debbono, corrispondere all' occhio con egual grossezza; e questo nasce perché esse vengono con egual grandezza d'angolo, il che si prova cosi: sia l'obbietto B.C. e l'occhiosia A. e D.E.sia una tavola di vetro per la quale penetrino le specie del B.C. Dico che stando fermo l'occhio A.la grandezza della pittura fatta per l'imitatione di esso B.C. deve essere di tanto minor figura, quanto il vetro D.E. sarà più vicino all'occhio A. e deve essere egualmente finita. E se tu finirai essa figura B.C. nel vetro D.E. la tua figura deve essere meno finità che la figura B.C.e più finita che la figura M. N. fatta su'l utero F.G. perché se P. O. figura fusse finita come la naturale B.C. la prospettiva d'esso O. P. sarebbe falsa, perché quanto alla diminutione della figura essa starebbe bene, essendo B.C. diminuito in P. O. mà il finito non si accorderebbe con la distanza, perché nel ricercare la perfettione del finito del naturale B. C. all'hora B. C. parrebbe nella vicinità O. P. mà se tu vorrai ricercare la diminutione del O. P. esso O. P. par essere nella distanza B. C. e nel diminuire del finito al vetro F. G.